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Diamoci una regolata

Impresa 2030

Per una direttiva europea che imponga alle imprese il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente

Alla Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni
Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola
Ministra della Giustizia, Carlo Nordio 
Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone
Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso
Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin

Le imprese multinazionali si trovano oggi ad operare in tutto il mondo in un contesto di sostanziale impunità. Molte, troppe di loro sono coinvolte, direttamente o indirettamente, in devastazioni ambientali, violazioni sistematiche dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, espulsioni di popoli indigeni e sfruttamento del lavoro minorile. 

Dopo anni di denunce da parte di associazioni, Ong, accademici e sindacati, la Commissione Europea ha presentato una proposta di direttiva comunitaria per rendere le imprese legalmente responsabili del loro impatto sulle persone e sul pianeta e per garantire accesso alla giustizia da parte delle vittime di abusi.

Si tratta di una norma cosiddetta di “due diligence” (in italiano, dovuta diligenza) che mira ad imporre a tutte le aziende – dai giganti dei combustibili fossili e dell’agro-business, a quelli della moda e dell’hi-tech – di dotarsi di politiche e comportamenti efficaci nel garantire che i diritti umani e gli ecosistemi non siano violati né dalle operazioni da loro direttamente intraprese, né all’interno delle catene di fornitura di cui si avvalgono a livello globale.

Adesso scatterà una complicata partita a scacchi tra Governi degli Stati Membri e Parlamento Europeo. Il rischio da scongiurare è che la proposta venga indebolita e che tutti si perda un’occasione storica di mettere l’economia al servizio del progresso umano e della tutela dell’ambiente.

Le associazioni e le Ong firmatarie di questo appello, insieme ai cittadini e alle cittadine che lo sostengono, chiedono ai rappresentanti istituzionali del popolo italiano ed europeo di resistere alle lobby conservatrici e di farsi paladini di una nuova cultura di impresa, di una nuova economia e di una nuova finanza, in linea con l’Agenda 2030 e gli Accordi di Parigi sul clima.

Firma l’appello



Elementi Principali per una direttiva su imprese, ambiente e diritti umani

L’obbligo deve essere legato alle operazioni interne e internazionali, ai prodotti e ai servizi di imprese e istituzioni finanziarie, a tutte le pratiche e le decisioni aziendali, come le pratiche di acquisto o il design di prodotto, ed essere tenute a premere opportunamente per garantire che tutti i diritti umani internazionalmente riconosciuti, inclusi i diritti dei lavoratori. Le catene di valore delle aziende, così come le loro relazioni economiche, devono rispettare tutti gli standard ambientali. Le imprese che non pongono sufficiente attenzione sul tema devono essere obbligate ad attivarsi per rimediare.

La due diligence è un processo continuativo, preventivo e basato sui potenziali rischi, attraverso il quale tutte le aziende/imprese devono identificare e valutare; cessare, prevenire e mitigare; tracciare e monitorare; comunicare e rendere conto dei rischi potenziali, specifici ed effettivi delle loro attività e lungo le loro catene del valore globale così come lungo tutto il processo produttivo. 

 

Il processo di due diligence

La due diligence non si focalizza tanto sui rischi e i danni verso l’azienda in sé, quanto su quelli all’ambiente e ai diritti umani.

In tutti gli stadi del processo, le aziende devono condurre consultazioni informate, efficaci e significative rivolte sia alle vittime accertate sia a quelle potenziali, includendo le comunità, i lavoratori e le lavoratrici, i sindacati, la società civile e le organizzazioni di donne, i difensori dei diritti umani, e le popolazioni indigene. 

La partecipazione alle consultazioni deve essere sollecitata, superando le barriere che riguardano determinati gruppi specifici: il processo deve essere adattato ai bisogni e ai diritti di ogni singolo gruppo di interesse coinvolto. La partecipazione alle consultazioni dovrebbe inoltre essere tutelata da eventuali ritorsioni sui e sulle titolari dei diritti.

L’obiettivo delle consultazioni, per chi reclama un suo diritto, deve essere quello di contribuire a dare forma e fiducia nella strategia di due diligence e nella sua implementazione. 

Il processo di due diligence dovrebbe inoltre garantire la protezione di determinati gruppi sotto la legislazione locale, nazionale, europea o internazionale, e il rispetto dei diritti di questi ultimi.

 

Identificare e valutare

Le imprese dovrebbero individuare metodologie per identificare e valutare il rischio di danno all’interno delle proprie attività aziendali e in quelle dei propri partner commerciali. 

La due diligence deve essere adeguata alla probabilità e alla gravità degli impatti negativi delle attività di impresa e di filiera, e rivalutata e adattata con regolarità, per assicurare la sua adeguatezza ed efficacia.

Molte e molti titolari di diritti devono far fronte a rischi maggiori, determinati da una interconnessione di fattori discriminatori basati su genere, etnia, razza, casta, orientamento sessuale, disabilità, età, stato sociale, stato di migrante o rifugiato, lavoro informale, partecipazione ad un certo sindacato, esposizione al conflitto o alla violenza, povertà o altri fattori. Le aziende devono considerare esplicitamente il rischio di tali differenziazioni, assicurando che di ciò si tenga poi conto al momento della valutazione.

 

Interrompere, prevenire e mitigare

Le imprese devono adottare misure proattive, appropriate e rispettose delle differenze di genere, per interrompere gli impatti negativi che causano o contribuiscono a causare; per prevenire e mitigare quelli derivati dalle decisioni d’impresa di cui sono corresponsabili o a cui sono collegati attraverso le catene del valore e le relazioni economiche. In questo processo potrebbe essere inclusa la modifica delle pratiche di acquisto o verso una verifica della capacità finanziaria dei fornitori, affinché questi ultimi siano costretti ad adeguarsi ed essere conformi agli standard ambientali e di diritti umani. Alcune attività dovrebbero cessare del tutto, ad esempio in tutte le situazioni in cui il consenso libero, informato e preventivo non è stato mai ottenuto. Le soluzioni devono essere rapide e tempestive in realzione al rischio e al danno, visto che una risposta tardiva può perpetrare o aggravare il danno.

Una due diligence è tanto efficace quanto riesce a prevenire e mitigare il danno potenziale o effettivo.

 

Tracciare e monitorare

Le imprese devono monitorare l’implementazione e l’efficacia delle misure adottate, compresi i dati rilevanti e specifici per il rischio (o i rischi) in questione, come ad esempio dati disaggregati per fornitori e per genere. I risultati di tracciamento e monitoraggio devono essere utilizzati per informare eventuali cambiamenti delle operazioni del business globale e dei processi di due diligence legati ad ambiente e diritti umani.

 

Comunicare

Le imprese devono infine rivelare pubblicamente e regolarmente, non solo all’interno del proprio report annuale, informazioni dettagliate, rilevanti, puntuali e significative relative alle proprie attività e alla propria catena di valore, oltre ai processi di due diligence con i relativi materiali elaborati e le relative attività e conclusioni.

La comunicazione deve includere un report permanente nei confronti di quei e quelle titolari di diritti impattati, facilmente accessibile e disponibile in maniera appropriata al contesto, ad esempio tenendo conto della lingua parlata e dei livelli di alfabetizzazione.

 

La due diligence deve permettere e supportare la disposizione di compensazioni. L’obbligo di rispettare diritti umani e ambiente necessita di un impegno attivo nel rimediare impatti negativi e danni di cui le aziende e le istituzioni finanziarie si rendono partecipi sia in modo attivo sia omissivo. La compensazione deve essere fornita in maniera appropriata dalle stesse attività economiche o in collaborazione con altri attori, applicando quanto stabilito dagli standard precedentemente citati. Nei casi in cui l’impresa non abbia causato o contribuito al danno in maniera diretta, ma sussista comunque un collegamento tra il danno causato e la sua attività, i suoi prodotti o i suoi servizi, l’impresa in questione deve comunque esercitare o aumentare la pressione sugli attori effettivamente responsabili, in modo da garantire una compensazione.

Tra i rimedi possono essere inclusi compensazioni finanziarie e non, ripristini, reintegri, scuse formali, restituzioni, riabilitazioni, contributi all’inchiesta e prevenzione di ulteriori danni attraverso, ad esempio, garanzia di non-ripetitività. Le imprese dovrebbero inoltre assicurare che il rimedio sia efficace e che sussista un accordo reciproco con i titolari dei diritti sul modo in cui tale rimedio viene fornito. Sia il rimedio in sé, sia il suo processo di definizione dovrebbero considerare e cercare di riparare dislivelli di potere, risorse e informazioni tra titolari dei diritti e le imprese. Questo presuppone la considerazione delle barriere specifiche di genere e/o il rischio di essere vulnerabili e/o marginalizzati.

Le aziende devono essere ritenute responsabili dei danni generati attivamente o a causa di qualche omissione, cui hanno contribuito o che hanno generato, sia che si tratti della stessa azienda, sia di un’impresa da essa controllata, anche in potenza. 

I motivi della responsabilizzazione devono essere riconosciuti come derivati da un fallimento di implementazione della due diligence. Responsabilità più gravose devono essere imputate in relazione alla gravità di determinate situazioni e condotte. Nel caso in cui due o più aziende siano responsabili per lo stesso danno, devono essere considerate colpevoli sia in maniera congiunta, sia disgiunta. 

La pubblicazione delle prove di colpevolezza e lo statuto delle limitazioni devono garantire accesso al rimedio giuridico in maniera giusta, tempestiva ed efficace. 

In particolare, nel caso in cui un o una richiedente abbia presentato fatti e prove ragionevolmente disponibili come supporto sufficiente alla propria azione legale, l’azienda deve sobbarcarsi l’onere di chiarire la natura della propria relazione con le entità coinvolte nell’offesa, oltre a dimostrare di aver attuato tutte le misure necessarie per prevenire la concretizzazione del danno.

Gli Stati Membri dell’Unione Europea devono attuare delle misure per assicurare la conformità con obbligazioni sopracitate, così come per l’accesso delle vittime ai rimedi, incluso l’accesso alla giustizia. 

Le vittime di abuso di diritti umani devono potersi permettere il diritto ad una compensazione efficace sotto la legge nazionale, internazionale e dell’Unione Europea. Le autorità amministrative e giudiziarie competenti devono avere l’eventuale mandato di provvedere a un registro centrale per i resoconti annuali, a ricercare possibili infrazioni, a imporre l’osservanza, provvedere all’accesso alle compensazioni e penalizzare o sanzionare le infrazioni attraverso una vasta gamma di strumenti. 

Le autorità amministrative dovrebbero essere in grado di agire di propria iniziativa e, insieme alle autorità giudiziarie, agire su una denuncia proveniente da parti terze, in cui possono essere inclusi membri del settore pubblico come la società civile, organizzazioni o sindacati, il tutto attraverso canali accessibili e sicuri che prevengano e rispondano alle minacce di ritorsioni.

A meno che illa richiedente (o i o le richiedenti) decida(no) di agire in altro modo, nel caso in cui il diritto privato internazionale richieda l’applicazione della legge dello Stato dove è avvenuto il danno, le disposizioni di questa nuova legislazione devono essere considerate un’applicazione necessaria, in linea con Roma II.

La nuova legislazione proposta dovrà essere applicata alle aziende sia pubbliche sia private, incluse le istituzioni finanziarie, di qualunque dimensione e in tutti i settori, siano esse operanti, offrenti prodotti e servizi, domiciliate o con sede legale nell’Unione Europea. La legge deve riconoscere che sia le piccole sia le grandi imprese sono parte della stessa catena di valore ed è necessario che l’attenzione venga posta sull’identificazione e la mitigazione dei rischi lungo tutta la filiera.

Nonostante la sua vocazione trasversale, la legge deve permettere lo sviluppo di ulteriori misure o specificazioni nei settori, nelle attività e nelle produzioni specifiche, specialmente quando potrebbero esserci rischi elevati sul piano dei diritti umani e dell’ambiente. 

Tali aggiunte non devono però essere in contrasto con gli obblighi stabiliti nella legislazione generale.

A livello italiano la campagna intende sviluppare al massimo il potenziale di HREDD in una serie di leggi e politiche già esistenti ma non ancora sfruttate a pieno. 

Nello specifico: 

  • la Legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle associazioni; 
  • il Regolamento comunitario 2017/821 sui minerali provenienti da zone di conflitto, entrato in vigore nel gennaio 2021; 
  • la Legge 199 del 2016 per il contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura.

Leggi il documento completo sugli Elementi Principali per una direttiva su Due Diligence, Business e Human Rights: Una legislazione di due diligence europea per promuovere il rispetto dell’ambiente e dei diritti umani (LINK)